QUANDO SI CERCA DI SUPERARE I LIMITI PRESTABILITI, IN UNA PAROLA…QUANDO SI CERCA DI FARE “JAZZ”!
Tra Miles Davis, Mario Martone e Enzo Moscato…il Jazz, il mio stile!
Sono nato a Napoli nel 1975. Di jazz a casa mia non se parlava e tanto meno se ne ascoltava. Da adolescente ho ficcato ripetutamente il naso nelle piccole abitazioni dei miei parenti, ma neanche lì posso dire di aver mai incontrato tracce di quella musica. Perché la cercavo…?
Forse un piccolo ma buon ricordo in effetti c’è, coesistente con le altre mie memorie. Un giorno chiesi a mia madre, dopo una sorta di sua provocazione, di che colore avesse la pelle Miles Davis; lei rispondendomi con ironia disse che, una simile bravura musicale, non poteva che appartenere ad un musicista di colore! E aggiunse poi, che in effetti lei conosceva un altro grande jazzista americano che aveva la pelle chiara come uno di Napoli, Chet Baker.
Beh devo dire che in questi anni nel ripensarci è provato un momento di speciale tenerezza; credo che non sia un caso che molti anni dopo ho cominciato a suonare quel magnifico strumento che è la tromba.
Capivo che avrei dovuto inseguire il jazz e dovevo farlo per non essere catturato completamente dagli stereotipi del mio contesto culturale. Lo avrei accostato a tutto, anche al mio lavoro, più precisamente al mio mestiere*.
Più avanti negli anni avrei poi incontrato sulla strada il teatro. Un’altra passione! Mi capitò di vedere tante volte Rasoi di Mario Martone; lo vidi e lo rividi con l’intento di studiarlo per rifarne, con una compagnia teatrale, una nostra versione. Non prosa, ma versi. Versi che raccontavano profonde rime. Versi magnifici della mia lingua, il napoletano, portato all’eccellenza, al sublime, da Enzo Moscato.
La chimica tra queste due sostanze, la musica jazz e la parola teatrale, negli anni ha sollevato evocazioni dentro di me. Così dopo aver lavorato in diverse città d’Italia e alcune d’Europa, nel 2006 mi sono fatto completamente ispirare dalla loro reazione. Il jazz mi ha guidato, e mi ispira nell’improvvisazione nozionistica e anche imprevedibile del mio lavoro, sempre lontano da cliché. Il teatro-Rasoi, mi ha ispirato il luogo, in quanto spazio occupante dove muovere innanzitutto gli umori, gli stati d’animo degli avventori. Non un burocratico format, nato chissà dove, lontano da me…ma un progetto che è prima di tutto uno spazio ricercato e costruito secondo la mia sensibilità.
Vedo come la realtà quotidiana oggi mi insegue, entrando nel salone attraverso i miei clienti, che oramai dopo 13 anni non possono che condividerla e ricambiarla con la stessa passione che provano per l’atmosfera intima del mio salone, con quella chimica eccezionale che si stabilizza, di relax autentico e ritmo della post artigianalità che ho chiamato Rasoi Hair Jazz.